Autore: Pietro Trinchera
Titolo: Li nnammorate correvate
Sottotitolo: ovvero Gli innamorati beffati.
A cura di Elvira Garbato.
Testo originale con traduzione a fronte.
Descrizione: In 8°; pp. 118.
Luogo, editore, data: Sarno (SA), Editrice Gaia, 2005
ISBN: 9788890118043
Prezzo: Euro 12,00
Disponibilità: In commercio
Estratto dalla introduzione della tesi di Dottorato della Dottoressa Ilenia Paci
"Nell’ambito del teatro partenopeo della prima metà del Settecento, la figura del notaio Pietro Trinchera (Napoli, 1702 – 1755) occupa un posto rilevante, seppur, ancora oggi, non del tutto riconosciuto da critici e studiosi della storia del teatro e dello spettacolo. Dotato di un brillante e vivace ingegno comico, egli ha saputo raccontare, con sapido realismo e a volte cupo umorismo, vizi e difetti dell’intera società napoletana.
La sua produzione drammaturgica , per quanto, negli ultimi anni, sia stata al centro di un rinnovato interesse da parte di alcuni ricercatori , non è mai stata oggetto di un’edizione critica. Il lavoro condotto, con rigore e scrupolo, da Franco Carmelo Greco sul manoscritto de La moneca fauza (1726) e sul testo a stampa de La gnoccolara (1733), ha rappresentato un importante passo in avanti verso l’approfondimento del ruolo che l’autore ha avuto nella definizione del genere della commedia dialettale napoletana. E lo studio, compiuto da Olga Casale sui suoi Cartielle pe le Quatriglie, ha permesso, altresì, di conoscere un aspetto spesso trascurato, ma altrettanto rilevante, della sua attività di drammaturgo. Ben poco, invece, è stato fatto riguardo ai libretti, che - a parte quello de Li nnamorate correvate (1732), ristampato di recente da Elvira Garbato - aspettano ancora di essere ripubblicati, se non in un’edizione integrale, almeno in una miscellanea che ne raccolga i più significativi......
Il Trinchera non ha risparmiato nessuno: né coloro che appartenevano alle classi ritenute intoccabili, come quella ecclesiastica, né coloro che appartenevano agli strati più disagiati e poveri; né, infine, i membri del ceto a cui lui stesso apparteneva – quello dei giureconsulti e dei notai. La sua drammaturgia, sia musicale che in prosa, nonostante si sia avvalsa di un ricco repertorio di modelli che andava dalla commedia classica a quella erudita cinquecentesca, dalla commedia dell’arte al teatro francese (e specificatamente moleriano), ha attinto prima di tutto a quell’immenso calderone che era – ed è - la ribollente e quanto mai variegata realtà partenopea. Una realtà, che, se da un lato si apriva agli stimoli più avanzati della cultura settecentesca, dall’altro persisteva in uno stato di arretratezza culturale e povertà materiale...."